«Like the nest of an eagle, Castell’Azzara hung the precipies of Monte Civitella»
“Come un nido di aquile, Castell’Azzara appesa ai precipizi del Monte Civitella”, così descriveva il viaggiatore ottocentesco Edward Hutton la vista di questo paese appollaiato su uno sperone di roccia.
Indiscusso guardiano, con i suoi 816 m.s.m., della valle sottostante che nelle mattine umide una densa nebbia tramuta in un mare primordiale in tempesta, facendo rassomigliare Castell’Azzara e i suoi monti (Civitella, Nebbiaio e Penna) più ad isole e promontori che a vere e proprie montagne.
Un paese che sembra quasi esser nato dalla pietra su cui poggia, con i suoi colori in netto contrasto con il verde dei boschi della Riserva Naturale del Monte Penna che lo circondano, dominati dall’elegante faggio, ma anche dal biotopo di acero campestre, oltre che da castagni e pini. Un mondo affascinante e fantastico che invita a lasciarsi cullare dai colori, dai suoni e dagli odori che la natura offre in ogni periodo dell’anno.
La grande presenza di verde assicura un’aria fresca e pulita, mentre la vocazione decisamente montana del territorio dà luogo ad inverni freddi e piovosi, spesso imbiancati dalla neve, ma anche ad estati fresche e asciutte in cui «quando il sole abbarbaglia la vista e l’aria s’infuoca e si secca, è tanto bello sentirsi sfiorare dalla brezza montanina profumata dalla ragia degli abeti e dei pini!
E alla sera, quando in altri luoghi, che d’inverno si invidiano, ti si affloscia la carne per l’afa del caldo, qui ti senti rinascere a nuova vita; la tua pelle è fresca come quella metamorfosata di una libellula che esce dal guscio; passeggi e non sudi; puoi essere tranquillo di stenderti nel letto ed arrivare al mattino in un sonno. A ragione è stato scritto: “L’aria dei paesi dell’Amiata ha una elasticità ed una ricchezza di ossigeno da considerarsi come balsamica”».
Un paesaggio ameno reso ancor più gradevole delle molte sorgenti di «chiare e fresche dolci acque» che circondano i monti e che grazie alla natura carsica del suolo – che regala anche affascinanti spettacoli come la Grotta del Sassocolato – fanno di Castell’Azzara una vera e propria «fabbrica d’acqua».
Fu questa grande disponibilità di risorse naturali a favorire la presenza umana in questi luoghi sin dall’antichità, anche se il nucleo originario dell’attuale paese risale ad epoca più tarda, all’alto Medioevo (XI sec.). Come molti dei paesi del circondario amiatino, di cui Castell’Azzara fa parte, le origini del borgo vanno collegate al processo d‘incastellamento voluto dai signori locali, gli Aldobrandeschi, feudatari della Contea di Santa Fiora, per rafforzare il proprio potere e porre un argine alle mire espansionistiche dei potenti vicini.
E alla sera, quando in altri luoghi, che d’inverno si invidiano, ti si affloscia la carne per l’afa del caldo, qui ti senti rinascere a nuova vita; la tua pelle è fresca come quella metamorfosata di una libellula che esce dal guscio; passeggi e non sudi; puoi essere tranquillo di stenderti nel letto ed arrivare al mattino in un sonno. A ragione è stato scritto: “L’aria dei paesi dell’Amiata ha una elasticità ed una ricchezza di ossigeno da considerarsi come balsamica”».
Un paesaggio ameno reso ancor più gradevole delle molte sorgenti di «chiare e fresche dolci acque» che circondano i monti e che grazie alla natura carsica del suolo – che regala anche affascinanti spettacoli come la Grotta del Sassocolato – fanno di Castell’Azzara una vera e propria «fabbrica d’acqua».
Fu questa grande disponibilità di risorse naturali a favorire la presenza umana in questi luoghi sin dall’antichità, anche se il nucleo originario dell’attuale paese risale ad epoca più tarda, all’alto Medioevo (XI sec.). Come molti dei paesi del circondario amiatino, di cui Castell’Azzara fa parte, le origini del borgo vanno collegate al processo d‘incastellamento voluto dai signori locali, gli Aldobrandeschi, feudatari della Contea di Santa Fiora, per rafforzare il proprio potere e porre un argine alle mire espansionistiche dei potenti vicini.
Agli Aldobrandeschi è legata anche l’origine leggendaria del nome Castell’Azzara, che deriverebbe da un gioco d’azzardo popolare nel Medioevo: la Zara, attraverso il quale tre fratelli si giocarono la paternità dal castello. «Tre fratelli Aldobrandeschi andando girando per questi monti per vedere il molto bestiame che possedevano ed essendo arrivati nel luogo dove è ora il castello … molto si compiacquero di quella veduta e dell’aria salubre … determinarono fabbricarvi un castello; ma perché ognun di loro voleva la gloria di essere il fondatore, né potendo venire ad un giusto accordo, determinarono giocare a dadi, e quello che faceva più punti avesse l’onore di essere l’Edificatore.»
A ricordare il passato feudale del paese e del suo territorio rimangono ancora oggi il rione vecchio, la Terra, con i suoi vicoli stretti e i suoi scorci mozzafiato, la Rocca Silvana nella frazione di Selvena, roccaforte del potere aldobrandesco, e Villa Sforzesca, maestoso edificio rinascimentale voluto dal cardinale Alessandro, esponente dell’illustre ed importante famiglia Sforza.
Lo sviluppo urbano e il paesaggio di Castell’Azzara va tuttavia imputato principalmente allo sfruttamento delle risorse del sottosuolo; una ricchezza che la accomuna a buona parte del territorio dell’Amiata. Come scrisse G.B. Vicarelli: «l’aspetto esterno non farebbe mai supporre l’enorme ricchezza che la nostra terra cela: ricchezza, che non solo i moderni, ma anche gli antichi, conobbero e attinsero a piene mani» . Fissare una data certa per l’inizio della storia mineraria di Castell’Azzara non è facile, certo è che etruschi e romani ben conoscevano e utilizzavano (dalla pittura alla cosmesi, dalle cerimonie propiziatorie a quelle sacre) il cinabro, minerale dal bel colore rosso vermiglio presente in maniera copiosa nel sottosuolo castellazzarese.
Uno sfruttamento che continuò a fasi alterne nel corso dei secoli per subire con la seconda metà del XIX secolo un vero e proprio balzo in avanti, trasformando un paese fino ad allora principalmente dedito ad attività agricolo-pastorali in terra di miniere e minatori e portando tra i docili e burberi castellazzaresi un “benessere” mai provato prima. Scriveva Massimiliano Romei: «Castell’Azzara adesso, mercé di grandi lavori minerari, ha preso un meraviglioso incremento. Tutti fabbricano e tutti ingrandiscono le proprie abitazioni. Vi è un borgo intero che è costruito quasi esclusivamente da persone che guadagnano lavorando alla miniera. […] Si trovano in quello stesso borgo, e lungo la nuova strada comunale per Santa Fiora, anche le osterie e locande del paese, che nei giorni di festa sono molto, e fors’anche troppo, frequentate. Di faccia a chi entra nel borgo, evvi quella della Sofia Biondi, ove accorrono gli industriali, i forestieri, ed i touristes che numerosi visitano la regione amiatina. Non si trovano colà, né sale né camere di lusso, e forse vi mancano i comodi più necessari alla vita; peraltro, in compenso di questa mancanza, si trova sempre un piatto di ottimi maccheroni fatti ad arte tutta montagnola.»
Un passato di cui oggi rimangono solo storie di esperienze industriali di alto livello vissute inanticipo, resti di macchinari, gallerie e ruderi di veri e propri villaggi come il Siele, il Morone e il Cornacchino, interessanti testimoniante di archeologia industriale.
Una trascorsa vocazione mineraria che trova oggi una sorta di “continuità” nella ricerca di un altro frutto della terra: il tartufo, prezioso e gustoso dono della natura che ha nei boschi castellazzaresi un habitat ideale in cui crescere e prosperare, per poi trovare un degno compimento nei gustosi piatti proposti dalla ristorazione locale.
Lontano dai principali circuiti turistici, Castell’Azzara, con le sue mille sfaccettature e storie, si presenta ancora oggi come un posto che non ha nulla di artefatto, in cui sono rimasti intatti quelle sensazioni, quei gesti e quegli odori che rimandano al suo passato vicino e lontano, e che ancora oggi si possono incontrare in uno scorcio, nel sorriso di un paesano o nei sapore dei suoi piatti.
Maurizio Mambrini
Dei comuni che circondano il Monte Amiata, Castell’Azzara sembra quello meno toccato dalle vicende storico-artistiche, chiaramente rivelate in centri limitrofi, architettonicamente più integri nella loro struttura originaria. Il nucleo del capoluogo, mantiene un fascino antico garantito dalle viuzze strette tra le quali si aprono improvvisi scorci su paesaggi infiniti. Purtroppo, trabocca di sovrastrutture e correzioni non sempre oculate, che rendono assai difficile la lettura dei monumenti storici, costringendo il visitatore ad affidarsi alle bellezze naturali che caratterizzano la zona. Eppure Castell’Azzara si presenta cosi bene, soprattutto a chi arriva da Sorano o dalla Cassia: la vista del paese arroccato su una rupe di sapore romantico, con il campanile e la torre dell’orologio che svettano sull’abitato, e sicuramente suggestiva e testimonia lo spirito medioevale che ha concepito il primo insediamento.
Difatti, il feudo di Castell’Azzara e citato nell’atto di divisione dei beni Aldobrandeschi del 1216. Le origini del paese si perdono quindi in remote lontananze che giustificano la leggenda, secondo la quale, il nome del maniero deriverebbe dalla Zara, antico gioco alle cui sorti sarebbero stati affidati i diritti di appartenenza. Castello a Zara dunque, trasformatosi a poco a poco nel nome attuale, compreso nei domini del Conte Guido Sforza di Santafiora e rivendicato, dopo la sua morte avvenuta nel 1438, dalla Repubblica Senese.
Se i due centri più grandi (Castell’Azzara e Selvena) non offrono spunti sufficienti a stimolare curiosità erudite, basta recarsi alla Rocca Silvana situata a valle della frazione di Selvena. Fortezza di grande importanza strategica, fu teatro di epiche gesta nel periodo di più aspro contrasto fra Papato e Impero.
Provvisorio rifugio di un gruppo di sbandati Guelfi, vide l’intervento del comandante generale delle forze imperiali toscane, Pandolfo di Pasanella, inviato da Federico Il a ristabilire il controllo della roccaforte, i cui resti dominano tuttora la valle del Fiora. Ad altro periodo risale l’altra bellezza architettonica del Comune: La Villa Sforzesca costruita nel 1580 circa da Alessandro Sforza, in occasione della visita del Pontefice Gregorio XIII al nuovo ponte sul Paglia. Con il definitivo passaggio della zona ai Granduchi di Toscana, la splendida villa fortificata fu adibita ad isolata residenza di caccia. La Sforzesca rappresenta l’ultimo fastoso episodio della storia locale, in seguito legata a vicende più modeste di vita rurale e al destino ormai famoso delle miniere di mercurio, ago insostituibile della bilancia economica. La memoria storica del nostro paese, e legata soprattutto allo scomparso G.B. Vicarelli che, con opera colta e paziente, ha rimosso dalla polvere del tempo, quell’eredità che tanta parte ha avuto nella crescita spirituale e culturale di tutti noi.
Aria pulita, boschi verdi e acque limpide e fresche, sono i tratti che caratterizzano Castell’Azzara, una terra privilegiata dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, ma anche sotto l’aspetto storico-culturale con l’imponente Rocca Silvana, la magnifica Villa Sforzesca e gli affascinanti siti minerari del Siele, del Morone e del Cornacchino.
Una terra i cui sapori, odori e colori si rispecchiano nelle produzioni locali e nei piatti della gastronomia, dal tartufo che abbondante cresce nei boschi di Castell’Azzara ai dolci tipici (topi, taglioli e ciaramiti), passando per i formaggi.
Castell’Azzara appare quindi come un luogo dove suoni, gesti e sensazioni non hanno nulla di artefatto che attende solo di essere scoperto attraverso una vasta offerta di escursioni.
Passeggiata raccontata per le vie del paese, ripercorrendo la storia di Castell’Azzara dalle origini ai giorni nostri.
La galleria Ritorta della miniera del Cornacchino sulle orme dei minatori.
«Non si può pensare ad una miniera – scriveva Gio. Battista Vicarelli – senza evocare reti di gallerie sotterranee, sostenute da armature lignee, disposte ed incastrate con un sistema collaudato da centinaia di anni; senza concepire ipogei profondi, in cui si snodano vie bizzarre, che si intersecano e si incrociano in labirinti intricati; senza immaginare vagoncini stridenti sulle piattaforme girevoli; figure umane in fondo a buche cieche, che appaiono più distanti del reale, al lume smorto della lampada fumosa, intente a dirompere la roccia tenace, sfidando la morte ad ogni momento».
Un reticolo di sentieri che si dirama in boschi fatati, tra scorci mozzafiato, incontri ravvicinati con la ricca fauna locale, aria fresca e limpide sorgenti.
Difesa e protetta dai monti Civitella, Penna e Nebbiaio, sui quali si profila il volto di Dante, Castell’Azzara offre al viandante un paesaggio ridente, aria fresca e un dominio di vista immenso sulla valle circostante. Oltre alla straordinaria bellezza paesaggistica, il paese regala anche, a chiunque abbia la pazienza e la voglia di percorrerne i vicoli, una lunga e ricca storia che trasuda dalle sue mura, dai volti dei suoi abitanti, dagli odori che ne inondano le vie.
Escursione speleologica alla scoperta dei meandri della terra e di affascinanti fenomeni carsici.
«Dalle pareti sembrano pendere tende e drappeggi finissimi, arabescati, scintillanti per il perpetuo stillicidio delle acque. Colonne e steli dia varie forme, ora di una snellezza elegantissima ora di una forza imponente, poggiano su torri rastremati, che la stessa acqua, calando dalle spaccature, crea»
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